Con la sentenza Cassazione Civile, Sez. II, 9 marzo 2021, n. 6467 ritorna all’attenzione degli operatori la vexata quaestio circa il tema del grado di autonomia di una polizza fideiussoria rilasciata da una Impresa di Assicurazioni autorizzata all’esercizio del ramo 15.
La Corte, tra le altre cose, risulta interpellata anche sulla natura – autonoma o accessoria – di una polizza fideiussoria rilasciata a garanzia del puntuale adempimento delle obbligazioni assunte dal contraente in ordine ad un contratto tra privati. Giova ricordare che il giudice di merito aveva già riconosciuto corretta la qualificazione in chiave di contratto autonomo di garanzia.
Ineludibile e per nulla inatteso il richiamo della Suprema Corte ai principi sanciti dalle Sezioni Unite (Cass., sez. un., 18 febbraio 2010, n. 3947). Rifacendosi alla infungibilità della prestazione garantita, ne consegue l’interpretazione della natura atipica ed autonoma della polizza fideiussoria, con lo scopo di tenere indenne il beneficiario dall’inadempimento dell’obbligazione principale attraverso una prestazione – in danaro – diversa da quella inadempiuta.
La vicenda, di per sé, non costituirebbe una eclatante novità nell’ambito dei frequenti pronunciamenti della Giustizia competente, ormai orientata in modo consolidato sui contenuti della citata sentenza 3947/2010. Ma assume un rilievo importante per i contenuti, inerenti il ruolo del Regolatore, che sono riscontrabili all’interno del dispositivo. Il riferimento, anche se indiretto, è particolarmente interessante.
L’argomento di interesse trae spunto da una delle eccezioni mosse dalla Impresa di Assicurazioni ricorrente: in una delle contestazioni viene citato il non irrilevante richiamo alla circolare Isvap del 1991 – tutt’ora vigente – che costituisce un vero e proprio caposaldo del ramo cauzioni e del ramo credito.
La sentenza della Corte Territoriale, appellata dalla Impresa ricorrente, tra le altre prescrizioni ha evidenziato che “la polizza, garantendo l’adempimento di un’obbligazione infungibile, avesse natura atipica ed autonoma, avendo la funzione di soddisfare l’interesse economico dei contraenti e di garantire il risarcimento del danno (differenziandosi – in tal modo – dalle garanzie accessorie aventi ad oggetto prestazioni fungibili, caratterizzate dall’identità della prestazione)”.
Rispetto a tale passaggio, del pronunciamento del Tribunale adito, la ricorrente Impresa di Assicurazione asseriva – tra le altre eccezioni – che “la Corte di merito avrebbe disatteso anche i criteri di interpretazione oggettiva e conservativa del contratto, poiché, alla luce disposizioni regolamentari adottate dall’Isvap sin dal 1991, le imprese di assicurazioni non possono assumere garanzie autonome, non essendo, altrimenti, in condizione di ponderare il rischio assicurativo e di neutralizzarlo mediante il procedimento tecnico assicurativo…”.
L’osservazione del ricorrente è respinta dalla Suprema corte con un passaggio che oltre ad essere dirimente assume un rilievo importante al quale dedicheremo in successione la dovuta attenzione.
Alla contestazione mossa dai legali del ricorrente la S.C. replica “… è escluso che il divieto per le imprese assicurative di compiere attività estranee al ramo assicurativo in senso proprio determini automaticamente la nullità dei contratti di garanzia autonoma eventualmente stipulati. Le restrizioni all’autonomia negoziale delle imprese assicurative sono volte a “non dilatare eccessivamente l’area del rischio imprenditoriale cui tali imprese sono esposte”, non agendo come limiti alla stessa capacità di agire della impresa, volendosi impedire lo stravolgimento dell’esercizio della impresa assicurativa, tale che l’attività extrassicurativa, per dimensioni, obiettivi e carattere di “sistematicità” delle operazioni offerte sul mercato ad una clientela indifferenziata, venga a “rivestire le sembianze di un’attività di tipo finanziario, che comporterebbe l’assunzione di un rischio d’impresa ulteriore e diverso da quello assicurativo”. Non è preluso, invece, il compimento di singoli atti negoziali non riconducibili all’esercizio del ramo assicurativo, purché ciò non si traduca in una sistematica attività implicante l’assunzione di un rischio imprenditoriale indipendente ed estremo rispetto a quello tipico dell’assicuratore (Cass. s.u. 30174/2011; Cass. 9475/2014; Cass. 20107/2015; Cass. 28319/2017), evenienza quest’ultima, neppure dedotta in giudizio da parte della società garante”.
La riproposizione integrale del passaggio della sentenza in parola risulta essere fondamentale per le conclusioni che andiamo a proporre sulla scorta di tale disposizione. La circolare Isvap 162 del 1991, come detto in precedenza, è il testo al quale fanno riferimento e devono obbligatoriamente attenersi tutti gli operatori del settore. In questa occasione viene utilizzata – inutilmente – come difesa da parte dell’impresa per circoscrivere la portata della garanzia fideiussoria: difatti la S.C. ritiene che tale prescrizione possa essere superata. Infatti il dispositivo afferma chiaramente che la strategia dell’impresa, “purché non si traduca in sistematica attività” possa superare il limite imposto dalla Circolare (normativa secondaria) adottata dal Regolatore.
L’occasione è opportuna per una approfondita riflessione che sta interessando il ramo. Il mercato è ormai saldamente orientato sul concetto della “garanzia autonoma”, che in determinati ambiti è da considerarsi una regola (e non una deroga).
Tale concetto, per altri effetti, ha trovato accoglienza anche nella giustizia di merito che si è ormai chiaramente orientata su un principio assorbente che lascia prevalere l’interpretazione incline a ritenere la garanzia “autonoma” anche in presenza della semplice rinuncia agli effetti del 1944 c.c.
Di fronte a tali evidenze si impone una riflessione approfondita. Sarebbe auspicabile un intervento del regolatore, volto ad aggiornare l’approccio a tale tipologia di garanzie?
Oppure, alla luce del principio affermato dall’IVASS, secondo il quale “le imprese di assicurazioni non possono assumere garanzie autonome, non essendo, altrimenti, in condizione di ponderare il rischio assicurativo e di neutralizzarlo mediante il procedimento tecnico assicurativo…” è preferibile evitarlo?